sabato, Maggio 18

“Intolerance” di David Wark Griffith

David Wark Griffith (1875-1948) è stato uno dei più grandi cineasti del cinema muto, la cui fama è legata indissolubilmente a due capolavori della Settima Arte “Nascita di una nazione” e “Intolerance“. Turbato dalle critiche di razzismo ricevute nel 1915 con “Nascita di una nazione“, la prima opera cinematografica pienamente narrativa, dove il rapporto tra interesse verso la storia raccontata e verso le immagini mostrate propende decisamente verso la prima, l’anno dopo decide di rispondere con un film interamente dedicato all’intolleranza.

Intolerance” è un lungometraggio fiume, che nella sua versione originaria durava 193 minuti ridotti oggi a 163, diviso in quattro episodi, ognuno dei quali descrive eventi storici caratterizzati da una forte componente di intolleranza e xenofobia. Il film abbraccia circa 2500 anni di storia da Babilonia (la sua caduta nel 539 a.C.) alla Giudea (la crocifissione di Gesù), dalla Francia (la strage degli ugonotti del 1572 nella notte di San Bartolomeo) agli USA (uno sciopero del 1914).

Cuore del film è l’episodio moderno, un gran mélo sociale in cui un’America di scioperi repressi nel sangue, di serrate padronali, di migrazioni, di feroce puritanesimo, fa da sfondo a un tragico caso giudiziario. L’intera pellicola ha la struttura del kolossal con grande impiego di masse (oltre 5000 comparse) e profondità di campo.

Tra una scena e l’altra compare spesso la scena di una madre che dondola una culla (Lillian Gish) illuminata da un raggio: è la rappresentazione della culla del tempo. La scena compare ben 26 volte nel film (16 nell’edizione ridotta attualmente in circolazione) e fa da raccordo tra le varie storie. Tre vecchie sono sedute sullo sfondo, forse un’allusione alle tre Parche.

“Intolerance” si avvale di una delle prime e più importanti star del cinema muto, Lilian Gish (1893-1993), vera e propria musa di Griffith, che avrà una carriera tra le più longeve, ben 75 anni. La Gish riceverà un Oscar alla Carriera nel 1971.

Lilllian Gish nel 1917

Per la realizzazione del film fu realizzato un imponente apparato scenografico, specialmente per l’episodio babilonese. Griffith fece costruire un complesso faraonico in cartapesta ai margini di Sunset Boulevard, con otto enormi statue di elefanti bianchi sollevati sulle zampe anteriori su colonne mastodontiche; gradinate che scendevano da una doppia porta colossale, sormontata da balconate su cui si assiepavano centinaia di comparse.

Sfortunatamente il film uscì proprio alla vigilia dell’entrata in guerra degli Stati Uniti e fu accolto molto tiepidamente, accusato di essere troppo macchinoso e di lanciare un messaggio pacifista in un momento cruciale della nazione. Il film venne osteggiato anche dalla critica, accusato di gigantismo autocompiaciuto o di eccessivo schematismo, salvo poi essere successivamente rivalutato, al punto che, nel  2007 l’American Film Institute l’ha inserito al quarantanovesimo posto della classifica dei cento migliori film americani di tutti i tempi.

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