giovedì, Maggio 2

La fine della “guerra parallela” di Mussolini

Quando nel settembre del 1939 l’Italia decide di non entrare in guerra al fianco dell’alleato nazista è consapevole, o almeno lo sono le gerarchie più alte delle Forze Armate, di non essere attrezzata per sostenere un conflitto che si prefigura ben presto di livello europeo. Questa “ragionevolezza” del regime fascista dura però pochi mesi sgretolata dalle ambizioni e dall’invidia di Mussolini per le travolgenti vittorie tedesche.

È passato molto tempo ormai da quando il Duce poteva permettersi di guardare dall’alto in basso Hitler approfittando anche della venerazione che il Furher ha per il suo mentore. Così l’Italia entra in guerra il 10 giugno del 1940 con la tristemente celebre “pugnalata alle spalle” alla Francia convinta di poter con pochi sforzi sedersi da una posizione di forza al tavolo dei vincitori.

La guerra di Benito

Il clima tra i due alleati del Patto d’Acciaio è però cambiato e Hitler non si preoccupa più di prendere le sue decisioni politiche e militari informando preventivamente l’alleato fascista. Questo atteggiamento non fa altro che ingigantire l’irritazione di Mussolini che concepisce l’idea di avviare una guerra parallela a quella del Terzo Reich, ricambiando, a suo modo di pensare, con la stessa moneta Hitler. Il problema è scegliere la “preda” giusta, quella che corrisponde sia agli obiettivi geopolitici storici dell’Italia che alla necessità di individuare un nemico facile da battere.

Per Mussolini la scelta è scontata, l’Italia farà un sol boccone della Grecia. Il 12 ottobre 1940, pochi giorni prima di attaccare la Grecia, Benito Mussolini confidò scherzosamente al genero e ministro degli esteri Galeazzo Ciano: «Do le dimissioni da italiano se qualcuno trova difficoltà a battersi con i greci». Mai frase fu più infelice e infausta. La campagna di Grecia costerà all’Italia 13.755 soldati morti in battaglia, da 5000 a 6000 deceduti negli ospedali, 50.874 feriti, 25.067 scomparsi, 52.108 malati, 12.368 vittime di assideramento, 21.153 prigionieri, per un totale di più di 180.000 perdite contro le circa 80.000 vittime da parte greca. Tutto questo in circa sei mesi di campagna, dal 28 ottobre 1940 al 23 aprile 1941.

Una campagna preparata male e frettolosamente

La campagna di Grecia viene preparata frettolosamente su ordine diretto di Mussolini nonostante alcuni pareri negativi dello Stato Maggiore italiano. La decisione viene assunta tra il 13 e il 15 ottobre del 1940, meno di due settimane dopo, il 28 ottobre le truppe italiane invadono la Grecia. La conquista di questo paese povero, ma orgoglioso avrebbe spianato la strada all’Italia per il controllo del Mediterraneo orientale assicurando la continuità marittima con il Dodecaneso (preso alla Turchia nel 1912), con Creta e le Cicladi, bloccando il mare Adriatico grazie al controllo delle isole Ionie (Corfù era già stata rapidamente invasa nel 1923).

Nonostante che fonti dell’intelligence italiano avessero informato il Duce dell’alta improbabilità di una capitolazione greca, Mussolini dispose l’invasione del paese soltanto con otto divisioni ridotte, scarsamente armate ed equipaggiate. Tre di esse si diressero al centro, in Epiro, verso Ioannina, con la divisione «blindata» della Centauro (i cui piccoli carri L3, armati con due sole mitragliatrici da 8 mm, rimasero impantanati sulle strade inagibili per la pioggia), mentre una divisione alpina, alla loro sinistra, lanciò l’offensiva nella catena montuosa del Pindo, per ritrovarsi poi totalmente isolata. Alla loro destra, un raggruppamento di granatieri percorreva la linea costiera del mare. Le altre quattro divisioni rimasero in riserva.

La resistenza che non ti aspetti

Ad affrontarli si trovarono di fronte ben 300.000 soldati greci guidati dall’ottimo generale Alexandros Papagos che pur essendo persino peggio armati degli italiani opposero una strenua resistenza. Riuscirono pertanto non soltanto ad arrestare l’avanzata delle truppe italiane ma anche a scatenare una controffensiva, all’inizio di novembre, quando ormai appariva chiaro che la Bulgaria filo nazista non avrebbe attaccato la Grecia.

Gli italiani per due mesi non fecero altro che ritirarsi disordinatamente, perdendo enormi quantitativi di armi e munizioni, fino ad arrestarsi alle porte di Valona, nel cuore dell’Albania. Un Mussolini infuriato silurò il borioso e incompetente generale Visconti Prasca, comandante delle operazioni e se la prese pure con il Capo di Stato Maggiore Badoglio, affidando l’incarico di nuovo comandante del fronte greco-albanese, al generale Ugo Cavallero.

Finalmente a metà gennaio 1941, il fronte si stabilizzò anche grazie alla riorganizzazione in due armate delle forze armate italiane, l’Undicesima a destra, verso il mare, e la Nona a sinistra, verso la Macedonia. Le brutte notizie per Mussolini però non finiscono con il grave insuccesso dell’invasione greca. L’inverno è funestato dalle sconfitte subite in Africa orientale – il duca d’Aosta, Amedeo, venne travolto dall’offensiva britannica del 21 gennaio 1941, provenienti dal Kenya e dal Sudan – e soprattutto in Libia, dove i britannici avevano sferrato una controffensiva il 9 dicembre 1940.

Vicini al tracollo

Nel frattempo la Gran Bretagna, rispondendo alle richieste d’aiuto greche trasferisce dal Nord Africa alla Grecia, un contingente di 50.000 uomini nella speranza di installarvi una duratura testa di ponte. Su pressioni di Mussolini nel marzo del 1941 viene lanciata un’altra offensiva lungo la val Desnizza che si va a schiantare contro le linee fortificate greche. Il rischio di un tracollo italiano a questo punto è altissimo e Hitler decide di venire in soccorso al suo alleato in grandi difficoltà, anche per timore che gli inglesi potessero organizzare una presenza stabile e sempre più agguerrita nella penisola ellenica.

La Germania nazista scelse la Bulgaria ormai assoggettata completamente come punto di lancio del suo attacco in Grecia. Nel frattempo era deceduto il Primo Ministro greco Metaxas (29 gennaio 1941) e al suo posto era stato nominato  Alexandros Korizis il cui governo risultò strettamente controllato dal re Giorgio II, noto per le sue simpatie filo-fasciste. Il fronte bulgaro era scarsamente difeso della forze greche che avevano dislocato le loro unità migliori in Albania per contrastare gli italiani. Korizis chiese pertanto alla Gran Bretagna di impegnarsi direttamente nella difesa del confine bulgaro. Lo stesso Churchill assunse la decisione di ritirare il contingente britannico giudicando persa la partita.

L’Italia fascista salvata da Hitler

Il 6 aprile 1941 la Germania diede inizio al suo duplice attacco simultaneo a Jugoslavia e Grecia; oltre a mobilitare un’armata al confine italo-jugoslavo, Cavallero ricevette ordine nei giorni precedenti l’attacco di sospendere ogni ulteriore offensiva in Albania e di spostare invece delle divisioni sul confine albanese-jugoslavo per parare eventuali attacchi da quel lato. Di fatto finiva, per sempre, l’aspirazione di Mussolini di condurre una “guerra parallela” a quella dello scomodo alleato.

L’attacco tedesco fu rapido e micidiale. Il 17 aprile la Yugoslavia capitolò. Gli italiani incoraggiati dal coinvolgimento diretto della Germania lanciarono una nuova cruenta offensiva in Grecia che costerà all’esercito fascista 6.000 tra morti e feriti. Così facendo, il Duce ottenne da Hitler il diritto di firmare l’armistizio con i greci il 23 aprile, nonostante questi ultimi volessero arrendersi ai tedeschi e non agli italiani, che disprezzavano e che non erano riusciti a sconfiggerli.

Dalla guerra parallela alla guerra subalterna

L’Italia oltre a dimostrare la propria arretratezza militare sia per quanto riguarda gli ufficiali in comando che per armamenti e forniture compirà durante la campagna di Grecia centinaia di nefandezze e atti criminali veri e propri. A guerra conclusa, a Londra la Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra ricevette una lista con più di 1.500 segnalazioni di crimini di guerra italiani, compiuti durante quei tragici sei mesi di campagna.

L’avventura greca preparata in modo cialtronesco e frettoloso dal Duce e dai vertici militari italiani trasformerà definitivamente la guerra parallela italiana in guerra subalterna al vero Dominus dell’alleanza, Adolf Hitler.

Per saperne di più:

Operazione Marita

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

AA.VV.,. I grandi errori della II guerra mondiale: Le decisioni sbagliate, le catastrofi annunciate, i fallimenti militari

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