giovedì, Maggio 9

Ma tu vulive ‘a pizza

La pizza è un alimento tipico della tradizione napoletana e italiana, ormai esportata e conosciuta in tutto il mondo, tanto da scatenare recentemente le polemiche circa la sua vera origine. La pizza, la cui origine nel nome sembra molto nebulosa, come le sue stesse origini, è un prodotto salato costituito da un impasto di farina, acqua, sale e lievito ed è fregiata dal marchio STG, perlomeno per quella “Napoletana”.

Un lievitato molto speciale

Si tratta, dunque, di un impasto lievitato, come il pane, tranne gli azzimi, che sono non lievitati, e assume le caratteristiche di un sistema veramente complesso, caratterizzato appunto da proprietà viscoelastiche apportate dalle proteine e i carboidrati presenti. Basti pensare alla gliadina e alla glutenina che si uniscono durante la fase di impastamento per formare il complesso glutinico.

Le proprietà visco elastiche sono valutate con l’alveografo di Chopin, che permette di misurare la pressione d’aria esercitata per distendere un impasto. Dalle misurazioni otteniamo diversi valori, tra i quali c’è il famoso valore W, che esprime la forza in mJ, e quindi l’attitudine a panificare e impastare da parte della farina.

La lievitazione

Ma cos’è la lievitazione? La lievitazione è una reazione chimica che porta a produrre anidride carbonica e gonfiare un impasto oltre che a contribuire alla creazione delle condizioni per la sintesi di composti d’aroma e della struttura dell’impasto (alveolatura della mollica). Questa può essere fisica, chimica, biologica e meccanica.

Quella che più ci è familiare è quella biologica, effettuata con i lieviti, dei funghi unicellulari (Saccharomyces cereviasiae) capaci di fermentare gli zuccheri producendo CO2 ed Etanolo. Li impieghiamo nella produzione di pane, pizza, vino e birra. Naturalmente la lievitazione biologica non è fatta solo con il classico “lievito di birra”, ma il lettore saprà senz’altro, che soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, si producono impasti con “lievito madre”, una mescolanza di acqua e farina di un impasto precedente, ricco di batteri lattici che fermentando gli zuccheri producono acido lattico ed eventualmente altri prodotti e gas.

Tre processi di lievitazione

Generalmente, gli impasti prodotti con l’ausilio di impasti acidi, presentano proprietà reologiche e di durabilità maggiori rispetto a quelli ottenuti con i lieviti Saccharomyces.

Lievitazione Fisica: è basata sul calore generato dal vapore.

Lievitazione meccanica: è basata sull’inglobamento di aria nell’impasto.

Lievitazione chimica: si basa sull’azione di Sali (bicarbonati ed altri) che generano gas e aiutano a “fermentare” gli impasti. Si impiega soprattutto per la produzione di impasti secchi e friabili come nel caso dei biscotti.

La pizza senza lievitazione: nuova frontiera?

Una proposta innovativa, presentata dall’Università Federico II di Napoli, sta nella produzione di pizza senza lievitazione. La tecnica prevede l’insufflazione di aria a determinate pressioni e temperatura, un po’ come si fa per le bevande gassate.

L’impasto assorbe CO2, e si gonfia, ma poi la pressione cala e il gas viene rilasciato. La proposta, prevede, oltre all’insufflazione di anidride carbonica a 10 Atm, anche una combinazione con la cottura dell’impasto a 150°C per 10 minuti.

L’esperimento, condotto su un impasto con un 70% di umidità, alla temperatura di 25°C, sembra aver funzionato (il prodotto finale è ben spumoso con densità e morfologie simili a quelli ottenuti con un impasto tradizionale lavorato con lievito madre), ma restano ancora dei dubbi in merito agli aspetti sensoriali. E’ anche stato realizzato un primo impianto sottoforma di prototipo per la produzione di pizza senza lievitazione.

Il tema della digeribilità

In tutto questo, influiscono anche i tempi di lievitazione. Ormai è risaputo che impasti a lunga lievitazione sono più digeribili: uno studio ha valutato proprio questo aspetto, effettuando delle misurazioni a tempi diversi di lievitazione.

Per ogni tempo sono state anche valutate le proprietà reologiche dell’impasto e la digeribilità in vitro, correlando quest’ultimo alla glicemia (quantità di zucchero nel sangue), oltre che alla produzione di sostanze cancerogene (acrialmmide) generata con la cottura in forno a legna (che ricordiamo al lettore è fortemente sconsigliato proprio per le scarse prestazioni in termine di igiene e la salubrità del prodotto a causa della produzione di molecole cancerogene).

Dai test è emerso che, nei tempi lunghi (48h) l’impasto tende ad afflosciarsi, si riduce la capacità di trattenere gas, cresce la viscosità a scapito della elasticità (dovuti ai fenomeni di gelificazione degli amidi e di denaturazione proteica ed alla struttura dell’impasto), così come crescono in un primo momento gli zuccheri riducenti per ridursi all’aumentare dei tempi di lievitazione, ma non del tutto.

L’acrilammide, dovuta ad una ridotta presenza di acqua forte presenza di asparagina, uno degli amminoacidi coinvolti nella reazione di Maillard che si ha in cottura, resta comunque ben al di sotto della soglia europea (0,170 mg/kg di peso corporeo).

Un alimento non troppo adatto ai diabetici

Per ciò che riguarda la digestione degli amidi, e i loro tempi, si sono confermate le prestazioni della pizza in termini di capacità di innalzare rapidamente la glicemia (alto indice glicemico), causa maggiore rilascio di monosaccaridi conseguenti la degradazione enzimatica degli amidi, e quindi il suo non essere proprio adatto per soggetti diabetici. Nel complesso è stata avvalorata la tesi della maggiore digeribilità di impasti a lunga maturazione.

In merito all’acrilammide, esistono alcune strategie per ridurla, come la scelta di alcune cultivar di grano (Sothys e Cicerone), lavorando sul campo, aggiungendo specifici starter batterici, che coadiuvano i lieviti nella sua digestione, o evitando le farine integrali (più ricche di asparagina).

Il campionato del mondo di pizza 2023

Ma quali sono le pizze (e i pizzaioli) più bravi? Una delle tante possibili risposte la fornisce il Campionato del Mondo di Pizza 2023 che si è svolto quest’anno nel mese di febbraio, a Rimini, all’interno della fiera Beer&Food Attraction.

Sotto l’occhio e il palato attento di 20 giudici e 70 professionisti dell’assaggio si sono sfidati centinaia di pizzaioli provenienti da 20 paesi diversi. Ci sono volute ben 600 prove per decretare 16 premi diversi. Qui ci limitiamo a segnalare alcuni dei vincitori delle sedici categorie in concorso.

Il premio per la migliore pizza classica è andato a Davide D’Albenzio della Pizzeria Foconé di Sambuceto, in provincia di Chieti. Può sembrare strano ma Il premio per la migliore pizza napoletana classica, una delle non solo in Italia ma in tutto il mondo, è andato a un polacco: si tratta di Yurii Felyk della pizzeria Fabrico di Truck.

Infine il premio per la miglior pizza fritta se lo è aggiudicato Pietro Sementilli de La Locanda del Passante di Roccasecca. Forse però la più prestigiosa manifestazione del settore è il Pizza World Championship, giunta nell’aprile di quest’anno alla trentesima edizione. Vi presentiamo il ranking dei vincitori per ciascuna categoria e buona pizza a tutti!

Classic Pizza
1. Criminisi Giuseppe
2. Viale Jeremy
3. Vicini Giulia

Pan Pizza
1. Valentino Clemente
2. Recchia Vitangelo
3. Sancamillo Domenico

Roman Pizza

1. Di Tella Antonio
2. Capasso Luigi
3. La Porta Salvatore

Gluten free Pizza

1. Vassallo Domenico
2. Bianchi Marco
3. Fontebasso Jenny

The largest
1. Pasini Daniele
2. Nazir Lewez Giorgio
3. Fryz Jakub

The fastest
1. Bandinelli Andrea
2. Bonazza Luca
3. Sposato Domenico

Triathlon
1. Di Tella Antonio

Heinz Beck Trophy
1. Caliolo Alessandro
2. Filippi Rino
3. De Palma Francesco

World Pizza Team
Di Stasio Raffaele – Tolu Cristian – Pizza a due

PER SAPERNE DI PIU’

La pizza nella Settima Arte

Foto:

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Foto di Thomas Grau da Pixabay

BIBLIOGRAFIA

Arte bianca, B. Carra, Edagricole 2011

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