venerdì, Maggio 17

Miniere chiuse, cave attive

Le case, le pietre e il carbone dipingeva di nero il mondo. Il sole nasceva, ma io non lo vedevo mai: laggiù era buio…”( da “Una miniera”, canzone del 1969 dei New Trolls).

I minatori nella letteratura

Sono tante le testimonianze sia storiche che letterarie legate alle miniere del passato. Storie crude di fatica fisica, di profonde sofferenze psicologiche e squallido sfruttamento. Vite spesso brevi, anche di minorenni, contrassegnate da precoci disturbi e sordide malattie croniche, a volte letali. Il racconto “Rosso Malpelo” (1878) di Giovanni Verga costituisce una forte denuncia dello sfruttamento minorile, incentrato sulla figura di un ragazzo malvisto e maltrattato da tutti, dal destino misterioso e atroce.

In “Ciàula scopre la luna” (1912), il protagonista, costretto a lavorare anche di notte, uscito poi all’aperto, scorge finalmente la luce lunare e se ne commuove, fino alle lacrime. Un altro esempio letterario sulla dura vita dei minatori è il romanzo di Archibald J. Cronin, “E le stelle stanno a guardare” (1935), che racconta di un minatore e di suo figlio che studia per poter migliorare le condizioni dei lavoratori, di un minatore che diviene un uomo d’affari e del figlio del padrone della miniera che entra in conflitto con il padre autoritario.

Tragedie in miniera

L’epopea dell’estrazione mineraria è purtroppo costellata da tragedie inaudite che hanno causato migliaia di vittime. Impossibile ricordarle tutte. Nel 1907, una terribile esplosione nella miniera di Monongah, in Virginia (Stati Uniti) causò un migliaio di morti, di cui quasi 200 italiani.

L’8 agosto del 1956, a Marcinelle (Belgio) un errore umano costò la vita a 262 persone, tra cui 136 italiani. il 26 aprile 1946 a Benxi, in Cina, un’esplosione nella locale miniera causò la morte di quasi 1.600 minatori. Il peggiore incidente minerario nel nostro paese si verificò nella miniera di zolfo Cozzo Disi di Casteltermini, nell’Agrigentino. Lì, il 4 luglio 1916 morirono 89 solfatari.

Adesso le estrazioni minerarie sono diminuite in modo sensibile, lasciando miniere chiuse e abbandonate, alcune delle quali trasformate in parchi da visitare.

Miniere note del passato

La Sardegna è stata tra le regioni con una più cospicua attività mineraria, in particolare a Monteponi e Montevecchio (nel Sulcis-Inglesiente), dove si estraevano sorattutto piombo, argento e zinco. Inoltre il ferro veniva soprattutto dall’isola d’Elba, dalle miniere di Rio e Calamita. Dalle 7.000 tonnellate medie annue durante l’Ottocento, la produzione ebbe un picco notevole, arrivando a ben ottocentomila durante il primo conflitto mondiale, per la realizzazione di ordigni bellici.

La situazione attuale

Prima del secolo scorso, esistevano più di 3.000 siti minerari, distribuiti in tutta Italia, con rilevanti estrazioni di carbone, zinco, rame, ferro e argento. Adesso ne sono attivi, tra tutti quelli autorizzati, 2169. Esistono però ben 6.000 cave attive, per la costruzione di case, strade, e altre opere pubbliche. Si tratta soprattutto di materiali da cava, considerati da “serie B”, come sabbia, marmi e ghiaia. Restano comunque importanti miniere di pomice minerali feldspatici a Lipari e quelle di marmo bianco nelle Alpi Apuane.

Le ragioni di un declino

Molte miniere sono state abbandonate per i grossi costi di produzione e per la riduzione, o esaurimento, di minerali utili. Ciò ha comportato particolari danni all’economia locale.

Conseguenze

Le estrazioni superficiali contribuiscono alla diffusione di grandi quantità di polveri nell’aria e quindi incidono sull’inquinamento atmosferico, che si vanno a sommare alle cause industriali, termiche e del traffico automobilistico. Da un punto di vista paesaggistico, poi, si assiste al pessimo spettacolo di colline sventrate, anche vicine a centri abitati, come si nota in alcune zone del Casertano. Ci sono progetti di bonifica, che però richiedono lo stanziamento di ingenti somme. Inoltre certe aziende locali sono responsabili di emissioni dai forni che producono calce, come succede, ad esempio, per la cava del monte Magnodeno in provincia di Lecco. Infine le cave non controllate diventano spesso discariche a cielo aperto, contribuendo anche all’inquinamento del suolo e delle falde acquifere.

Che fare?

Certe miniere chiuse potrebbero fornire interessanti percorsi didattici e museali, come è stato fatto nell’isola d’Elba. Le cave dismesse si potrebbero trasformare in parchi urbani, come quello delle Cave di Milano, dove prima si estraevano sabbia e ghiaia. A Montecalvo, invece si sono fatte dal 1963 estrazioni sotterranee di gesso, chiudendo quella vicina a cielo aperto: oggi appare come una collina dalla pendenza limitata e con un’ampia copertura erbacea.

Foto di Angela da Pixabay

Foto di Angela da Pixabay

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