Gli anni Settanta dello scorso secolo assistono a una profonda trasformazione dei classici generi cinematografici codificati da Hollywood. Si tratta fondamentalmente di un’ibridazione tra il genere classico e il cinema d’autore di stampo prettamente europeo. A prima vista sembrerebbe una contraddizione in termini in quanto la struttura del cinema di genere mal sopportava la libertà creativa del cinema d’autore.
In realtà attraverso questa contaminazione Hollywood segue e descrive le trasformazioni della società americana, il suo malessere, i dubbi e le paure che attanagliano l’americano medio. Le storie raccontate sono quelle classiche ma riproposte secondo un cinema più lento, riflessivo e problematico.
La rivoluzione di Altman
Uno dei principali registi che avviano questa “ristrutturazione” del genere cinematografico è Robert Altman (1925-2006). M.A.S.H., 1970 ridisegna i contorni del film di guerra, qui i militari sono per lo più cialtroni e codardi. Nel film I Compari, 1971, un western crepuscolare racconta una storia d’amore fra un pistolero pavido e debole e la malinconica maitresse dii un bordello. Ancora, Il lungo addio (1973) è un poliziesco amaro, in cui il detective Philip Marlowe è un un uomo solitario e tutto sommato fuori dal mondo. Elliott Gould, l’attore che interpreta Marlowe, nel corso dell’indagine scopre di essere stato beffato dal suo migliore amico.
Ma Altman non si limita a queste rivisitazioni dei generi, propone anche film che sono dei grandi affreschi corali, intrecciando molte storie come nel caso di Nashville, 1975. La novità più importante promossa da Altman però è probabilmente l’uso del CinemaScope, non come strumento di spettacolarizzazione della pellicola ma come tecnica in grado di descrivere grandi spazi nei quali si muovono una moltitudine di persone inadeguate, stupide, disorientate.
In questo senso America Oggi, 1993 è forse la pellicola più significativa, che descrive la disgregazione sociale dello stato più ricco d’America, la California.
L’horror ibrida tutti i neogeneri
Sam Peckinpah, (1925-1984) rivoluziona il genere western proponendo eroi malinconici, invecchiati e stanchi, (Sfida nell’Alta Sierra, 1962; Il mucchio selvaggio, 1969). Nello stesso periodo si afferma il western ecologico, si propongono pellicole nelle quali la Natura svolge un ruolo di co-protagonista come Uomo bianco va’ col tuo dio! (1971) e L’uomo che amò Gatta Danzante (1973) e anche Sidney Pollack con Corvo Rosso non avrai il mio scalpo (1972).
La trasformazione dei generi classici non si ferma qui. Si afferma una stagione nella quale i neogeneri si contaminano vicendevolmente. Il neo western di Peckinpah si ibrida con il genere horror sulla falsariga dei western di Sergio Leone, che propone con C’era una volta in America, 1984, una rivisitazione del genere gangster, fondato sulla vita di un senatore delinquente e di un gangster fallito, due amici, attraverso i quali si descrive uno spaccato storico e la crisi del sogno americano.
Brian De Palma (classe 1940), proporrà una commistione tra il genere poliziesco e l’horror (Il fantasma del palcoscenico, 1974; Vestito per uccidere, 1980). È interessante notare come l’horror attraversa e ibrida tutti i neogeneri del cinema hollywoodiano, diventandone una chiave di interpretazione fondamentale. Citiamo la fantascienza-horror (La cosa, Carpenter, 1982), e la fantascienza noir, il cui capolavoro sarà Blade Runner (Scott, 1982), un film malinconico, citazionista e postmoderno.
Anche il musical si trasforma, la canzone e la musica da semplici intermezzi del processo narrativo diventano parte integrante della storia, riducendo lo spazio dei dialoghi e acquisendo un contenuto pop che produrrà capolavori come Jesus Christ Superstar, Tommy, Hair.
Per saperne di pià:
La nascita dei generi cinematografici
Fonti:
alcune voci di Wikipedia
Bernardi, Sandro. L’avventura del cinematografo: Storia di un’arte e di un linguaggio
About The Author
