mercoledì, Maggio 8

Il grande business delle Crociate

Non sappiamo se durante l’omelia del 1095 tenuta da Urbano II all’interno del Concilio di Clermont, il Papa fosse consapevole che la crociata così appassionatamente invocata non sarebbe stata unicamente una lotta per la supremazia religiosa in Terrasanta.

Sta di fatto che l’anno dopo quando la Crociata ufficiale dei principi e duchi di mezza Europa partì ufficialmente alla conquista di Gerusalemme fu ben presto chiaro che non si trattava esclusivamente di una disputa religiosa ma che erano in gioco vasti interessi economici e territoriali.

I primi a rendersene conto furono le potenze navali italiane che dominavano i commerci del Mediterraneo. Le più reattive furono Genova e Pisa. Mercanti genovesi fin dal 1097 avevano trasportato milizie crociate a San Simone, non lontano da Antiochia. In cambio quando la città era stata conquistata col loro aiuto, quegli armatori (tutti privati cittadini) avevano ottenuto la concessione di un quartiere.

A seguire armatori baresi, pisani ed anche veneziani fiutando lucrose opportunità facevano la spola con le coste levantine trasportando uomini e rifornimenti. Quando i governi delle città marinare si resero conto che la crociata stava volgendo al successo ritennero che fosse il tempo di non delegare tutto all’iniziativa privata per cogliere appieno le opportunità politiche ed economiche che si presentavano.

Nel 1098 Pisa, che un decennio prima si era contraddistinta per la lotta ai Saraceni, inviò una flotta verso le coste siriane al comando dell’arcivescovo Daiberto. Dopo aver devastato le isole ionie appartenenti all’impero bizantino, i Pisani erano approdati a Giaffa ottenendovi un quartiere in concessione.

Venezia non poteva stare ulteriormente a guardare. Sia Antiochia, sia Laodicea erano fra le città per le quali la “bolla d’oro” di Alessio Comneno del 1082 aveva garantito ai Veneziani la franchigia commerciale. Cadute in mano ai mussulmani per il Leone di San Marco era venuto il tempo di impegnarsi militarmente nella loro riconquista.

Nell’anno 1099, una spedizione navale veneziana comandata da Giovanni, figlio del doge Vitale Michiel, prende solennemente il mare diretta in Terrasanta. Dopo una breve sosta in Dalmazia, la squadra arriva a Rodi all’inizio dell’inverno e prende contatto con gli inviati dei comandanti crociati.

Poco tempo dopo una flotta pisana si presenta all’imbocco del porto di Rodi. Non sappiamo se per intransigenza dei veneziani che negano ai pisani l’accesso al porto o per reciproche provocazioni scoppia un conflitto cruento in cui ebbe la peggio la flotta toscana. Venticinque navi furono catturate e restituite a Pisa soltanto a condizione che si impegnassero a far ritorno in patria, a non attaccare altri cristiani nei porti bizantini, a trasportare in Levante soltanto pellegrini.

Finalmente i Veneziani giungono sulle coste della Palestina e li incontrano Goffredo di Buglione che si impegna, in cambio dell’aiuto militare della Repubblica di San Marco, a vaste concessioni, per altro tutte di la da venire. Venezia aiuterà i crociati nella conquista di Haifa. Dopo un difficile assedio, la città venne conquistata mediante una macchina da guerra, una specie di torrione di legno costruito con materiale fornito dalla squadra veneziana. La quale, esaurito il proprio compito, fece vela alla volta di Venezia carica di bottino, ma senza decisivi vantaggi commerciali. Niente a che vedere con i diritti ottenuti dai Genovesi nell’area antiochena.

E’ probabile come questo parziale insuccesso politico e commerciale sia stato uno dei semi, che quasi un secolo dopo, porterà al conflitto armato tra Genova e Venezia.

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