lunedì, Maggio 13

Il numero di Avogadro

L’affermazione definitiva dell’atomismo passa per la misura di un numero fondamentale, il numero di atomi contenuto in un grammo di idrogeno. Questo numero è dovuto all’intuizione del chimico e fisico Amedeo Avogadro, avvocato, insegnante presso il Collegio di Vercelli e poi professore di Fisica Sublime (la fisica teorica dell’epoca) all’Università di Torino, che nel 1811 aveva ipotizzato che volumi uguali di gas diversi contenessero lo stesso numero di «molecole». A quell’epoca la distinzione tra atomi e molecole era ancora di la da venire.

Contare gli atomi o le molecole presenti in un campione macroscopico significa trattare dei numeri enormi. Di conseguenza è necessario disporre di una unità di misura che consenta di collegare questi numeri enormi, che non è possibile misurare direttamente, con le masse di sostanze che sono invece misurabili ed osservabili direttamente.

I chimici hanno risolto questo problema introducendo il concetto di mole. Più in generale, il «numero di Avogadro» è definito come il numero di molecole (o di atomi) presenti in una mole di una qualunque sostanza, cioè in una massa pari in grammi al peso molecolare (o atomico) di quella sostanza. Una mole di idrogeno atomico (H, peso atomico 1) corrisponde a un grammo di idrogeno; una mole di acqua (H2O, peso molecolare 18) corrisponde a 18 grammi di acqua; una mole di sale da cucina (NaCl, peso molecolare 58) corrisponde a 58 grammi di sale, e così via.

Un numero che oggi sappiamo è enorme, qualcosa come un sei seguito da 23 zeri! I fisici compresero che stabilire con precisione il numero di Avogadro era un passo fondamentale per comprendere la struttura della materia. Un contributo molto importante lo dette come al solito Einstein, nel 1905, con la sua teoria del moto browniano.

Einstein ipotizzò che i moti casuali dei granuli di polline sospesi in un liquido fossero dovuti agli urti con le molecole del liquido e mostrò teoricamente che lo spostamento quadratico medio dei granuli era legato a NA (il Numero di Avogadro). Nel 1908 il francese Jean Perrin confermò la validità dell’intuizione di Einstein e calcolò con una certa precisione il numero di Avogadro.

Il valore di NA, secondo le misure più recenti, è NA = 602.214.080.000.000.000.000.000 ovvero, in potenze di dieci, 6,0221408 × 1023. Non dobbiamo farci ingannare dalla lunghezza di questo numero come indici di assoluta precisione. L’ultima cifra «certa», in realtà, è la penultima tra le cifre decimali nella notazione in potenze di dieci, cioè 0. La cifra successiva, 8, è incerta (così come tutti gli zeri che la seguono). Ciò significa che la misura di NA ha un’imprecisione di circa 10.000.000.000.000.000, cioè 10 alla 16.

Può sembrare che un’incertezza di dieci milioni di miliardi di atomi in più o in meno sia una cosa enorme, ma si tratta in realtà di una parte minuscola degli atomi qualcosa come uno su sessanta milioni e come se contando la popolazione italiana ci si sbagliasse di un solo individuo.

Conoscere l’esatto numero di Avogadro è un’impresa impossibile ed i fisici si accontenterebbero di sapere se l’ottava cifra da sinistra – l’ultima di quelle note – è davvero un 8, o piuttosto un 7 o un 9. Ciò permetterebbe, tra l’altro, di ridefinire, a partire dalla costante NA, il chilogrammo, che è l’ultima delle unità di misura rappresentata da un campione materiale, un cilindretto di platino-iridio conservato sottovuoto in una cassaforte di Sèvres (le altre due unità di misura fondamentali, il metro e il secondo, sono legate l’una alla velocità della luce nel vuoto, l’altra a un processo atomico).


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