venerdì, Maggio 17

La battaglia di Verdun

All’inizio del terzo anno di guerra, il 1916, la situazione dei francesi nella fortezza di Verdun era, per dirla eufemisticamente, complicata. L’artiglieria scarseggiava poiché molti pezzi erano stati rastrellati per sostenere le offensive dell’autunno 1915. L’intero settore era difeso da appena quattro divisioni e due brigate delle truppe territoriali, ma Papà Joffre, il comandante in capo dell’esercito francese, sembrava sottovalutare gli allarmi provenienti da quel delicato settore.

La Germania pur non avendo definitivamente sconfitto la Russia ne aveva compromesso seriamente qualunque capacità offensiva, tanto che poté dispiegare sul fronte occidentale diverse divisioni in preparazione di una nuova offensiva. Il comandante in capo dell’esercito tedesco Falkenhayn nel prepararla sviluppò un nuovo concetto di guerra.

Il Secondo Reich avrebbe lanciato un assalto al saliente che girava intorno alla città fortificata di Verdun, su entrambe le rive della Mosa, dove una possente mescolanza di necessità tattiche e orgoglio nazionale avrebbe spinto i francesi a lanciare contrattacchi che ne avrebbero dissanguato l’esercito, consumando inesorabilmente le truppe di riserva nell’autentico inferno di fuoco della forte artiglieria tedesca. La Germania infatti inizialmente impiegò in tutto 1220 cannoni, gran parte dei quali di grosso e grossissimo calibro.

L’attacco, che era stato preceduto da una serie di accurati depistaggi, doveva avvenire il 12 febbraio, ma Falkenhayn fu costretto a rinviarlo di 9 giorni a causa del maltempo. Questa decina di giorni di ritardo permise finalmente ai francesi di rendersi conto del punto in cui si sarebbe scatenata l’offensiva tedesca e freneticamente cercarono di irrobustirne le difese.

Nel momento in cui i tedeschi attaccarono, i francesi avevano otto divisioni e oltre 600 cannoni sulle rive occidentali e orientali della Mosa. Alle 4:00 del 21 febbraio ebbe inizio il bombardamento tedesco. Si trattò essenzialmente di un bombardamento concentrato su un settore di tredici chilometri ad est del fiume Mosa.

A Verdun fecero una delle prime apparizioni gli Stormtrooper, le truppe d’assalto imperiali, un gruppo d’élite appositamente addestrato per avanzare con cautela, infiltrando centri di resistenza e utilizzando i lanciafiamme, che erano entrati in scena la prima volta a Ypres nel 1915.

Un primo attacco tedesco si fermò per la strenua resistenza francese vicino al Bois des Caures ma un terrificante bombardamento nella mattina del 22 febbraio spazzò via la resistenza francese. Nei primi tre giorni dell’offensiva i tedeschi penetrarono da 1,5 ad un massimo di tre chilometri nelle linee francesi. Poi il 25 febbraio la possente fortezza di Douaumont, ben munita di cannoni ma pressocché sguarnita di una effettiva guarnigione cadde senza colpo ferire.

La caduta inopinata della fortezza ebbe un forte impatto psicologico più che tattico. Il suo valore militare era infatti costituito dal suo valore come punto di osservazione eccellente . La caduta di Douaumont innescò la ritirata dei francesi e l’avanzata tedesca che proseguì fin quando la stanchezza e le terribili condizioni atmosferiche la fecero fermare all’improvviso sulle ultime creste delle colline, a soli tre chilometri da Verdun.

Joffre inviò immediatamente la seconda armata al comando del generale Petain a Verdun insieme al suo secondo in comando, il generale  capo di stato maggiore Édouard de Castelnau. Costui ordinerà a Petain di difendere fino alla morte le due rive della Mosa, accettando in pieno la sfida di Falkenhayn che in questo modo poté eseguire in pieno il suo piano di “dissanguamento graduale” dell’esercito francese, ormai deciso a resistere a ogni costo per difendere la mistica di Verdun.

La trappola del dissanguamento però si ritorse anche contro i tedeschi che premevano con ripetuti attacchi, tanto che a fine febbraio, il numero dei morti e dei feriti era più o meno lo stesso da entrambe le parti. Petain riorganizzò il fronte, grazie anche a massicci rinforzi ottenuti, creando un sistema coerente di difesa in profondità.

Dai primi di marzo lo slancio dell’offensiva tedesca iniziò a scemare e i francesi riuscirono a resistere con grande efficacia, causando ingenti perdite agli attaccanti, che non riuscirono più a sfruttare il vantaggio di potenza di fuoco che avevano all’inizio. Falkenhayn fu costretto ad impiegare cospicue riserve per scatenare un attacco sulla riva sinistra della Mosa per alleggerire la riva destra ormai teatro di violenti scontri. E proprio sulla riva sinistra, vi era un’altura allungata e scoperta, perpendicolare al fiume che aveva una notevole visuale in ogni direzione, il Mort-Homme. La sua conquista avrebbe eliminato le batterie francesi riparate dietro di questo, e consentito di dominare anche la successiva altura verso Verdun, il Bois Bourrus.

Nonostante durissimi bombardamenti tedeschi che sembravano sul momento scompaginare le difese francesi, sempre nuove unità venivano gettate sulla mischia da Petain. Nel frattempo una battaglia analoga e altrettanto lunga infuriava sulla riva orientale, mentre i tedeschi cercavano di strappare Fort Vaux alla morsa dei francesi. I combattimenti proseguirono fino ad aprile avanzato con assalti tedeschi, contrattacchi francesi, per poi proseguire con altri attacchi tedeschi. Quasi sempre sotto una pioggia fitta ed insistente.


A fine aprile Joffre indispettito dalle continue richieste di rinforzi di Petain lo promosse al comando del Gruppo Centrale di Armate, mettendo al comando della Seconda Armata il generale Nivelle. Ben presto all’umida primavera succedette un’estate lunga e rovente, con i combattimenti che ancora infuriavano. I soldati che arrivavano a Verdun per la prima volta erano scoraggiati dalla sinistra fama di quel settore.

Il 7 giugno i tedeschi espugnarono Fort Vaux, da qui puntarono al successivo caposaldo Fort Souville che avrebbe spalancato la strada verso Verdun e di li a Parigi. Il capo di stato maggiore Konstantin von Knobelsdorf riuscì a raccogliere oltre 30.000 uomini per l’attacco conclusivo che avrebbe permesso di entrare nella cittadina entro la fine di giugno. L’attacco iniziale fu micidiale, i tedeschi per l’occasione utilizzarono un nuovo gas che le maschere francesi non riuscivano a filtrare, il fosgene, che intossicò all’istante quasi 1.600 soldati e permise ai tedeschi di avanzare per quasi 2 chilometri prima di essere fermati dalla reazione francese. 

L’ultima offensiva di conquistare Verdun fallì dopo pochi giorni in seguito alla strenua difesa francese che provocò ingenti perdite nelle truppe tedesche. La “limitata offensiva” di Falkenhayn era già costata quasi 250.000 uomini all’esercito tedesco, ossia il doppio degli effettivi delle nove divisioni concesse al Kronprinz nell’offensiva iniziale di febbraio. Nonostante poi il 14 luglio fosse dato l’ordine di fermare qualunque offensiva tedesca a Verdun, la carneficina non si fermò.

Alla fanteria francese furono consegnate nuove armi. Il fucile Berthier modello 1907 da 8mm aveva un caricatore da tre colpi e segnò un notevole miglioramento rispetto all’obsoleto fucile Lebel, mentre andava aumentando anche il numero delle mitragliatrici leggere Chauchat, e delle eccellenti Hotchkiss che contribuirono a rafforzare la potenza di fuoco. Granate da fucile, mortai e le versioni ridotte da 37mm dei cannoni da 75mm vennero resi disponibili come armi di supporto ravvicinato.

I francesi attaccavano ed invariabilmente i tedeschi contrattaccavano, il villaggio di Fleury avrebbe cambiato mano una quindicina di volte nel corso di alcuni dei combattimenti più accaniti di tutta la guerra, prima che i francesi lo conquistassero definitivamente il 18 agosto.

Inoltre l’offensiva anglo-francese sulla Somme aveva costretto i tedeschi a spostare una parte dell’artiglierie su quel fronte, trovandosi così in minoranza intorno al saliente di Verdun rispetto a quella francese. Ad ottobre la Francia scatena una grande offensiva che vede coinvolti Nivelle, Petain e il generale Charles Mangin, un ufficiale davvero determinato.

Nel momento in cui venne lanciato il vero attacco, il 24 ottobre, gran parte dei cannoni tedeschi era stata ridotta al silenzio. Verdun fu un inferno in terra per la fanteria tedesca.

L’esercito francese avanzò di circa 3 km oltre Douaumont, riconquistando anche parecchie delle posizioni perdute in febbraio ottenendo senza ombra di dubbio «la più brillante vittoria dopo la Marna», impiegando pochi giorni per conquistare le posizioni che i tedeschi avevano catturato in quasi quattro mesi e mezzo di battaglie.

Fondamentale fu l’utilizzo del tiro di sbarramento mobile, ossia un vero e proprio muro di granate che avanzava a ritmo anticipato rispetto alla fanteria, in modo tale da bloccare il nemico e allo stesso tempo favorire l’avanzata dei soldati francesi protetti dal tiro dell’artiglieria. Questo stratagemma voluto da Nivelle, si dimostrò un successo, e causò per la prima volta durante la battaglia di Verdun, più perdite tra i tedeschi (che contarono oltre undicimila prigionieri e 115 cannoni persi) che tra i francesi.

La battaglia di Verdun poteva considerarsi conclusa. In quasi un anno di scontri sanguinosi i tedeschi avevano avuto circa 330.000 uomini fra morti e feriti e i francesi circa 377.000. Per entrambi gli schieramenti si era trattato di una prova quasi insostenibile e che avrebbe avuto pesanti ripercussioni nel prosieguo della guerra.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

La grande storia della Prima Guerra Mondiale di P. Hart

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