Per molto tempo il legame tra attività fisica e salute è stato sottovalutato. Si è dovuto aspettare gli anni Quaranta dello scorso secolo per la prima seria indagine che metteva in risalto gli effetti benefici dell’attività fisica sulla stessa salute degli esseri umani.
Un provvidenziale viaggio in autobus
L’intuizione alla base di questa svolta è merito del dottor Jeremy Morris del Medical Research Council della Gran Bretagna che era convinto che l’incidenza di infarto e coronaropatia era associato al livello di attività fisica, non solo all’età o allo stress cronico come pensavano quasi tutti all’epoca. Morris però aveva un problema non da poco, si era nel 1949 e la guerra era finita da pochi anni. I soldi per la ricerca medica erano praticamente inesistenti e il medico inglese doveva inventarsi qualcosa per verificare se la sua intuizione poteva essere confortata dai risultati di un rigoroso studio scientifico.
Un giorno mentre tornava a casa su uno dei caratteristici bus londinesi a due piani a Morris germogliò un’idea semplice e straordinaria nello stesso tempo. Si rese conto che su ogni autobus del trasporto pubblico londinese c’erano due dipendenti: un’autista che stava seduto per l’intero turno di lavoro e un bigliettaio che non soltanto stava in piedi ma saliva, in media, 600 gradini per ogni turno per arrivare al secondo piano del bus.
Per due anni Morris seguì 35.000 autisti e bigliettai, scoprendo che gli autisti, a prescindere da corporatura e forma fisica, avevano il doppio delle probabilità di avere un infarto rispetto ai bigliettai. Ancora più importante, la malattia non era così grave nei lavoratori fisicamente attivi, tendendo a presentarsi prima come angina pectoris e altre forme relativamente più benigne, e avere un tasso di mortalità prematura inferiore.
Dopo il servizio di trasporto pubblico, le poste
Per mettere a tacere definitivamente coloro che avanzavano ancora dubbi, agli inizi degli anni Cinquanta, Morris replicò lo studio con i dipendenti del Servizio Postale britannico. Egli confrontò i portalettere, che all’epoca consegnavano la posta in bicicletta con impiegati e telefonisti il cui turno di lavoro era sedentario. I risultati rafforzarono quello che era già scaturito con lo studio sui dipendenti del trasporto pubblico londinese.
Da allora molte decine di studi hanno confermato il nesso tra attività fisica e salute. Camminare con regolarità riduce il rischio di infarto e di ictus del 31%. Da un’analisi condotta su 655.000 persone nel 2012 è emerso che dopo i quarant’anni bastano appena undici minuti di moto al giorno per aumentare di 1,8 anni l’aspettativa di vita. Un’attività di un’ora o più al giorno la aumenta di 4,2 anni.
L’attività fisica non si limita a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, potenzia il sistema immunitario, stimola la produzione di ormoni, riduce il rischio di diabete e di alcuni tumori, in primis quelli al seno e colonrettali. Aumenta inoltre il benessere emotivo e ritarda la senilità.
Quanto esercizio occorre fare al giorno?
Quanto esercizio fisico occorre fare al giorno per usufruire pienamente di tutti questi benefici? Non è facile rispondere a questo interrogativo. L’indicazione dei famosi 10.000 passi al giorno è una leggenda metropolitana, non c’è alcun riscontro scientifico serio che avvalori questa come la soglia necessaria per godere appieno dei vantaggi procurati dall’attività fisica.
I Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) degli Stati Uniti, indicano in due ore e mezzo alla settimana di attività fisica moderato l’obiettivo minimo. Anche in questo caso però la raccomandazione dei CDC non si basa su un “numero magico” convalidato da rigorosi studi scientifici ma, molto più prosaicamente, su obiettivi che le persone ritengono praticabili.
Un mondo di ciccioni
Quello che è certo è che soltanto il 20% degli individui svolge una modesta attività fisica in modo regolare. Uno degli effetti di questa eccessiva sedentarietà è l’aumento delle persone in sovrappeso o decisamente obese. Da questo punto di vista non esiste al mondo paese più paradigmatico degli Stati Uniti. Secondo l’OMS, oltre l’80% degli uomini americani e il 77% delle donne americane è sovrappeso e il 35% di loro è obeso, contro il 23% del 1988. Dal 1960 ad oggi, il peso medio di una donna americana è passato dai 63,5 ai 75,3 chili. Quello di un maschio americano dai 75,3 agli 89 chilogrammi.
Questi dati inquietanti non riguardano soltanto gli Stati Uniti ma gran parte dei paesi ricchi del mondo. Nei paesi OSCE il tasso medio di obesità sfiora il 20% della popolazione. Dopo gli statunitensi, in questa poco invidiabile classifica si collocano i britannici, seguiti dai cileni e dai messicani. Se prendiamo in considerazione il tasso mondiale di obesità questo scende dal 20% dei paesi OSCE al dato globale del 13%, per l’impatto “positivo” dei paesi africani e di buona parte di quelli asiatici.
Dimagrire non è facile
Dimagrire è tutt’altro che facile e non si può demandare la perdita di peso interamente all’attività fisica. Secondo alcune stime attendibili per perdere mezzo chilo di peso si dovrebbe camminare per 56 ore di seguito o correre per 7 ore! Uno dei problemi è che dopo un’attività fisica piuttosto intensa in genere mangiamo di più, recuperando con gli interessi le calorie bruciate nello sforzo fisico.
In un anno un operaio brucia circa 175.000 calorie in più rispetto a un impiegato, pari a oltre sessanta maratone. Eppure molti operai hanno un fisico tutt’altro che longilineo e snello, perché la maggior parte di essi recupera con gli interessi le calorie bruciate attraverso pasti ad alto contenuto energetico. Quindi se vogliamo dimagrire una regolare attività fisica va sempre associata ad una dieta alimentare corretta ed equilibrata, se vogliamo smaltire la ciccia in eccesso.
Attività fisica e longevità
Resta il fatto che pur non essendo chiaro ed univoco quanto tempo dovremmo impiegare in un’attività fisica di moderata o media intensità, se vogliamo mantenerci in buona salute ed aspirare ad un’aspettativa di vita maggiore occorre combattere l’inattività fisica.
Secondo uno studio, per un sedentario incallito (chi sta seduto sei ore o più al giorno) il rischio di mortalità aumenta quasi del 20% se è uomo, del doppio se è donna (perché la sedentarietà sia ben più pericolosa per le donne è un mistero). Chi sta troppo seduto ha anche il doppio delle probabilità di sviluppare diabete e infarto letale, e due volte e mezzo la probabilità di soffrire di malattie cardiovascolari.
Per saperne di più:
Fonti:
alcune voci di Wikipedia
Bryson, Bill. Breve storia del corpo umano: Una guida per gli occupanti
marcosiffi.com