martedì, Maggio 7

L’uomo medievale e la morte

Quale era il rapporto con la vecchiaia dell’uomo medievale? E soprattutto con l’esperienza definitiva dell’essere umano, la morte? Quali erano le implicazioni sociali e umane di chi perdeva il marito o la moglie? A questi interrogativi, senza alcuna pretesa di esaustività e con le inevitabili generalizzazioni quando si affronta un periodo lungo dieci secoli, proveremo in questo articolo a fornire alcune risposte.

Durata della vita e vecchiaia

Nel Medioevo l’aspettativa di vita era certamente più bassa che in epoca contemporanea. Questo dato era influenzato da diversi fattori, in particolare dall’alta mortalità durante il parto e nei primi anni dell’infanzia e poi dalle malattie epidemiche che soprattutto a partire dal XIV secolo falcidieranno la popolazione europea. In particolare le epidemie di peste pare che colpissero in misura maggiore i giovani, così si legge, nel 1418, sul Journal d’un bourgeois de Paris: “La pestilenza, almeno a quanto dicevano i vecchi, era l’epidemia più crudele che avesse infierito da tre secoli […]. Su 400 o 500 morti, c’era solo una dozzina di vegliardi, non vi si trovavano altro che bambini e persone molto giovani”.

In ogni caso la vecchiaia è molto anticipata rispetto a quello che avviene oggi, specie nelle donne. Già intorno ai 30 anni per la maggior parte delle donne si assiste ai primi prodromi della senescenza, si tratta della conseguenza per le classi umili del mix tra duro lavoro e numerosi parti e per le classi agiate di un numero decisamente più alto di gravidanze nell’età fertile rispetto ad oggi. Per l’uomo la vecchiaia inizia ad esordire dai cinquant’anni.

Eppure le vedove sono molto più numerose dei vedovi. I maschi rimasti senza moglie, nella maggior parte dei casi, si risposano, anche in tarda età. La vecchiaia suscita timore, perché avvicina l’essere umano all’appuntamento con la morte ma allo stesso tempo, gode del riconoscimento dell’esperienza, a cui fanno riferimento sia le collettività che i singoli. Superati i 60 anni si entra nella decrepitezza dell’individuo che deve prepararsi spiritualmente e concretamente al trapasso. Ad esempio facendo testamento.

Gli ultimi istanti di vita

Il testamento di una persona ancora perfettamente in grado di intendere e di volere ha un grande valore, non soltanto dal punto di vista sociale e legale, ma anche religioso. Infatti colui che redige il proprio testamento deve preoccuparsi per prima cosa della salvezza della sua anima e successivamente pensare agli eredi. Quindi per coloro che sono in grado di permetterselo, nobili e grandi borghesi, oltre ad una serie di lasciti per opere pie, conventi e altre istituzioni religiose vengono accantonate ingenti risorse finanziare per “commissionare” un numero esorbitante di messe che hanno lo scopo di ridurre la sua presenza in purgatorio.

Per i poveri e la gente umile è grasso che cola se si riesce ad ordinare una singola messa di suffragio. Alcune istituzioni caritatevoli devono intervenire quando muore un povero che a volte non ha nemmeno le risorse per acquistare un sudario. Nel Medioevo la gente moriva in casa molto di più di quanto avvenga oggi. Il moribondo giaceva nel suo letto circondato da parenti, amici e vicini di casa che oltre a portare il proprio conforto alla famiglia era pronta ad ascoltare le sue ultime volontà. Se si tratta di personaggi altolocati e facoltosi non di rado è presente un notaio pronta a prendere nota di quest’ultime.

Non può mancare un prete che preceduto da un ragazzo del coro ha il compito di somministrare l’eucarestia e l’estrema unzione al morente. A volte capita, soprattutto nelle zone rurali, che arrivi troppo tardi e la persona sia già deceduta. Quando arriva in tempo il prete fa uscire tutti dalla stanza dove giace il malato terminale per poterlo confessare. Confessare un morente è cosa piuttosto complicata, tanto che i teologi suggeriscono una specifica “strategia“: “Il confessore deve evitare con massima cura di mostrarsi austero, severo ed esigente fin dall’inizio: infatti, di fronte a tale atteggiamento la bocca del peccatore ostinato si chiuderà molto presto…”.

Superata questa fase il prete poi deve incalzare il morente per tirar fuori ogni peccato anche quelli dove il soggetto appare più recalcitrante, anche a costo di terrorizzarlo negandogli l’assoluzione. Completati gli obblighi religiosi ed eventualmente quelli testamentari, parenti e amici rientrano nella camera dove stanno per consumarsi gli ultimi istanti di vita del moribondo. Quando sta per essere esalato l’ultimo respiro se il morente non è in grado di congiungere le mani in segno di preghiera, un congiunto o il prete lo fanno per lui. La morte fa paura, una paura che si ingigantisce se si dubita della salvezza eterna e che contagia l’intera famiglia.

I funerali

Il passaggio successivo è il funerale della vittima che se è una persona facoltosa o anche semplicemente oculata ha messo da parte durante la vita abbastanza soldi da far si che la famiglia possa organizzarli sulla base dello status sociale ricoperto. La salma viene spogliata, lavata con acqua e vino e rivestita. Per i laici questo compito spetta alle donne. Successivamente il corpo del defunto viene riposto in un sudario che attraverso il cucito viene sigillato. Le persone di modeste condizioni vengono riposte nude nel sudario.

La Chiesa progressivamente cerca di estromettere la famiglia dall’organizzazione dei funerali. Si arriva a tenere le donne a debita distanza dalla cerimonia, vietando loro di portare il feretro e, se esse partecipano alla processione, il che non è scontato, le relegano verso il fondo. Verso la fine del Medioevo la veglia funebre in casa del morto diventa sempre più rara, la Chiesa pretende che la salma venga esposta nella chiesa parrocchiale che al tramonto chiude le porte, impedendo di fatto di vegliare il morto.

Si tratta di disposizioni che tendono a contrastare riti pagani ancora molto diffusi, soprattutto nelle campagne. Una residente di Montaillou dichiara ai primi del Trecento: “Quando morì Pons Clergue, padre del curato di Montaillou, sua moglie Mengarde Clergue chiese a me e a Bruno Pourcel di tagliare dei ciuffi di capelli che il cadavere aveva sulla fronte, oltre che dei frammenti di tutte le unghie delle sue mani e dei suoi piedi, e questo affinché la casa del defunto rimanesse fortunata”.

Un discorso a parte riguarda la grande aristocrazia. Qui il corpo del gran signore defunto viene sempre più spesso esposto nel suo castello per un periodo che può arrivare anche a venti giorni. Va da se che in queste circostanze il corpo deve essere imbalsamato. Per il resto delle persone “normali” il giorno successivo al decesso parenti, amici e vicini si radunano in Chiesa per assistere alla Messa funebre.

L’inumazione

Nel Medioevo i morti vengono inumati, in attesa della Resurrezione. Non si pratica la cremazione, perlomeno in Occidente. La gente di condizioni sociali modeste viene seppellita nella nuda terra, anch’essa nuda dentro il sudario. Quando si tratta di nobili o di prelati di una certa importanza la salma trova collocazione in una bara, che può essere anche molto sfarzosa. come nel caso di Isabella di Lorena, moglie di re Renato d’Angiò, la cui bara è “tappezzata di stoffa damascata” e riempita di fiori.

Spesso nel testamento è indicato il luogo dove il morto vuole essere sepolto. Si tratta del cimitero parrocchiale, oppure di una chiesa o di un convento specifici. Non sempre le mogli vogliono essere sepolte accanto ai loro mariti che li hanno preceduti nell’aldilà, nelle fonti si trovano casi singolari e perfino eccentrici. Come quello di una donna avignonese che desidera essere inumata nel cimitero Saint-Michel se nel giorno delle esequie ci sarà bel tempo, e in quello di Saint-Agricole se pioverà.

E dalla metà del XIII secolo che assistiamo ad un significativo incremento di sepolcri laici formati da coppie, contestualmente l’alta nobiltà e gli uomini di Chiesa che si sono particolarmente distinti, sempre più spesso vengono seppelliti all’interno di una chiesa o di un monastero. Molti nobili si fanno seppellire sotto la navata o l’abside, oppure fanno edificare una cappella laterale dove verranno accolte le loro spoglie. Il posto migliore è comunque di fianco alle reliquie dei santi.

I poveri e i senza famiglia sono invece sepolti in fosse comuni, pratica che si intensificherà con il nefasto periodo delle grandi epidemie di peste. Dalla terra consacrata sono escluse alcune categorie di persone, primi fra tutti gli ebrei e poi i suicidi, gli scomunicati e i criminali non pentiti.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Verdon, Jean. La vita quotidiana ai tempi del Medioevo

About The Author

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights