sabato, Maggio 18

Webb cattura delle “impronte digitali” delle prime galassie

Webb cattura delle “impronte digitali” delle prime galassie. Nelle immagini è visibile una piccola macchia rossa, che è stata denominata JADES-GS-z13-0.

La debole macchia ripresa da Webb è la “galassia più distante” finora confermata dalle misurazioni gold standard. Il telescopio ha permesso di osservare un gruppo di stelle com’erano 325 milioni di anni dopo il Big Bang. Questo significa che se il nostro universo ha 13,8 miliardi di anni, vuol dire che stiamo osservando il JADES-GS-z13-0 quando il cosmo aveva solo il 2% della sua età attuale.

La scoperta

La luce immortalata ha viaggiato verso di noi per molto tempo. La dottoressa Emma Curtis-Lake, che fa parte del team internazionale che ha pubblicato i dettagli della scoperta venerdì su Arxiv, ha spiegato che: “Sono davvero emozionata e incredibilmente grata di far parte di questa scoperta”.

L’importanza della scoperta non è sfuggita all’astronomo dell’Università dell’Hertfordshire, nel Regno Unito. La precedente galassia più distante era stata rilevata dal telescopio predecessore di Webb, ossia il veterano osservatorio spaziale Hubble, che ha immortalato il GN-z11. Quest’ultima era una galassia un po’ più vicina a noi, collocata in un momento in cui l’universo aveva soltanto 400 milioni di anni.

Webb ha come obiettivo primario quello di trovare le primissime stelle che illuminano il cosmo. Il JADES-GS-z13-0 non appartiene proprio a quel periodo, ma ci stiamo avvicinando molto. Attualmente esistono oggetti ancora più distanti di JADES-GS-z13-0? La risposta è “forse”, e l’incertezza si basa sulla differenza tra le tecniche utilizzate per determinare la distanza.

I dettagli

Gli astronomi utilizzano il termine “redshift” per poter descrivere le distanze. Si tratta di una misura di come la luce, proveniente da una galassia lontana, sia stata allungata a lunghezze d’onda maggiori dall’espansione dell’universo. In altre parole, più grande è la distanza, maggiore sarà l’allungamento, che fornisce un numero di spostamento verso il rosso più alto. Ad esempio, la galassia JADES ha uno spostamento verso il rosso di 13,2, un indizio presente nel nome.

I ricercatori sono in grado di ottenere stime ragionevolmente buone analizzando, in termini generali, la luminosità e il colore dei loro obiettivi. Per far ciò, utilizzano alcuni filtri specifici presenti sulla loro fotocamera, una tecnica definita fotometria. Dei grandi salti distintivi o “interruzioni” nello spettro di una galassia possono renderla più luminosa e più scura nei vari filtri, dando così un’indicazione della sua distanza.

Questa però è una tecnica non sempre affidabile. Nel caso in cui ci fosse molta polvere in una galassia, ciò può far sembrare l’oggetto più rosso e molto più lontano di quanto non sia in realtà. I ricercatori, per ottenere la misura più ottimale, preferiscono avvalersi della spettroscopia, una tecnica molto più dettagliata in cui il segnale luminoso viene suddiviso nelle sue componenti di lunghezze d’onda.

Queste informazioni permettono ai ricercatori di comprendere meglio dove si trovano le “interruzioni” nello spettro della galassia e anche di vedere le linee di emissione di elementi come l’idrogeno, l’ossigeno e il neon.

Il confronto delle loro lunghezze d’onda, misurate attraverso quelle conosciute dagli esperimenti di laboratorio, fornisce un’indicazione diretta di quanto la luce è stata allungata, e quindi, dello spostamento verso il rosso e della distanza.

Il JADES-GS-z13-0 e il GN-z11

Sia il JADES-GS-z13-0 che il GN-z11 sono stati confermati tramite la spettroscopia. Queste formazioni possedevano i numeri di spostamento verso il rosso più alti visti negli ultimi mesi, informazioni basate sulla fotometria. La scoperta è stata molto difficile, persino per Webb, a cui gli obiettivi sono apparsi estremamente deboli anche al suo gigantesco specchio largo 6,5 m.

La dottoressa Curtis-Lake e i suoi colleghi JADES (JWST Advanced Deep Extragalactic Survey) hanno trascorso moltissime ore a raccogliere un mosaico di immagini in un vecchio campo visivo di Hubble.

Il dottor Renske Smit della Liverpool John Moores University, ha spiegato che: “È un pezzo di cielo incredibilmente piccolo, una grandezza paragonabile all’occhio della regina su una moneta da una sterlina tenuta a distanza di un braccio. Ma all’interno di quella moneta, Webb è in grado di osservare decine di migliaia di galassie”.

Il team all’interno della “Queen’s eye”, ha scelto 250 candidati promettenti, quattro dei quali si sono rivelati a distanze stupefacenti. Il JADES-GS-z13-0 era il più lontano, ma JADES-GS-z12-0, JADES-GS-z11-0 e JADES-GS-z10-0 non erano poi così lontani.

Conclusioni

Il prof. Mark McCaughrean, consulente scientifico senior dell‘ESA, ha commentato che: “Questo è ciò per cui JWST è stato costruito e lo strumento NIRSpec, fabbricato in Europa, ne è il fulcro. La ricerca della ‘prima luce’ nell’universo ha bisogno di un grande telescopio spaziale e di una fotocamera a infrarossi molto sensibile, in grado di identificare cose che potrebbero essere deboli galassie, che si sono formate solo poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang”.

Mark McCaughrean, conclude dichiarando che: “Ci sono molti dettagli da osservare, per questo si devono guardare molti candidati, spalmando la piccola quantità di luce da ciascuno in uno spettro e usando traccianti rivelatori, per vedere se hanno la giusta distanza ed età. Il NIRSpec fortunatamente è in grado di esaminare in modo efficiente centinaia di obiettivi alla volta”.

FONTE:

https://www.bbc.com/news/science-environment-63919257

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