lunedì, Maggio 20

Caglio e caseificazione: piccole magie formaggiose

Caglio e caseificazione: piccole magie formaggiose. Questa è’ una delle più antiche trasformazioni alimentari, un metodo impiegato per la produzione di formaggi, parliamo della caseificazione, dei formaggi e del caglio.

Il formaggio, ha origine fra gli 8 e i 10.000 anni fa, probabilmente scoperto per caso, con una coagulazione di latte ad opera di batteri lattici endogeni ambientali. Tra le prime testimonianze “scritte” si ha il cosiddetto “fregio della latteria”, di fattura sumera, mentre fra i più celebri ritrovamenti, ad opera di un team italo-egiziano, si ha la forma risultata composta da un mix di tre latti, che sono rispettivamente di pecora, di mucca e di capra. Quest’ultima è stata scoperta in Egitto nel 2018, ed ha la veneranda età di oltre 3000 anni. Altro che formaggio a lunga stagionatura di 24-36 mesi!

Noto nell’Odissea, è il fatto che Polifemo producesse formaggi. I greci li producevano principalmente di pecora e capra, mentre in epoca romana si avvia la vera e propria commercializzazione ed elaborazione affumicatura del prodotto, e l’impiego dei primi cagli vegetali, il cardo. Ma è dal Medioevo che tale prodotto entra più stabilmente nelle tradizioni gastronomiche e sulle tavole, con la nascita del primo Parmigiano.

Materia prima

Ma iniziamo dalle basi! La materia prima è il LATTE, cioè il liquido bianco ed opalescente secreto dalla ghiandola mammaria delle femmine dei mammiferi in buon stato di salute. Le principali speci produttrici sono:

  • Ovini;
  • Caprini;
  • Bovini;
  • Yack;
  • Asina;
  • cavallo.

E il formaggio? Secondo la normativa italiana, è il prodotto della coagulazione acida o presamica di latte intero, parzialmente scremato o scremato, in cui vengono inseriti dei fermenti selezionati ed il sale. Addentriamoci brevemente nella classificazione dei formaggi, fatta per umidità, titolo di grasso, eventuale cottura della pasta, tempo di stagionatura, e tipologie particolari di formaggi.

UMIDITA’ DELLA PASTA

  • Molle >45%;
  • Semidura 35-45%;
  • Dura <35%.

CONTENUTO IN GRASSO

  • Magro <20%;
  • Semigrasso 20-40%;
  • Grasso >40%.

TEMPERATURA DI COTTURA PASTA

  • Cruda <42°C;
  • Cotta >45°C;
  • Semicotta 42-45°C.

TEMPO DI STAGIONATURA

  • Fresco 15-25 gg;
  • Breve 15-60 gg;
  • Media 60-180 gg;
  • Lunga >180 gg.

Altri:

  • pasta filante (mozzarella);
  • erborinati.

Produzione

Fatta tale breve premessa, e come accennato in precedenza, molto probabilmente le prime forme di produzione di formaggio sono avvenute per coagulazione spontanea del latte, a carico della microflora presente nell’ambiente e nel latte stesso. Ma cosa avviene e perché? Chi sono i fantomatici batteri che fermentano il lattosio, disaccaride presente nel latte, trasformandolo in acido lattico?

La coagulazione del latte avviene in due modalità ed ad opera di due protagonisti diversi, che sono rispettivamente i batteri lattici che producendo acido lattico, abbassano il pH, producendo una destabilizzazione delle micelle caseiniche (la frazione proteica più abbondante presente nel latte e responsabile del coagulo), agendo sul punto isoelettrico, ed il caglio, un pool enzimatico capace di provocare la proteolisi delle proteine.

La frazione più abbondante è data dalle caseine (80%), disposte in micelle e sub micelle tenute assieme da fosfati di calcio e magnesio. Di caseine ce ne sono ben 4: l’α, la β, la delta e la κ-caseina. Quella di nostro interesse è la k-caseina, dotata di una frazione idrofobica finale, la quale verrà attaccata dagli enzimi…

Ma andiamo con ordine…

Il primo step per la produzione di formaggio è l’arrivo in caldaia

Il latte, tenuto a 4°C, prima di essere trasformato in formaggio subisce dei trattamenti come la centrifugazione, pastorizzazione, filtrazione e bactofugazione, che consentono di ridurre la carica microbica iniziale e di standardizzare il titolo di grasso. Successivamente viene posto in caldaia (una vasca in acciaio) e scaldato a 35-35 °C per 10 minuti, al fine di creare un ambiente favorevole allo sviluppo dei batteri.

Ora veniamo ai protagonisti: i batteri lattici. Questi sono batteri Gram+, aerobi o anaerobi facoltativi, sporigeni o asporigeni, dalla forma coccica (Pedioccocus , Sterptococcus) o bacillare (Lactobacissus), capaci di fermentare pentosi o esosi, come il lattosio producendo acido lattico o altre molecole d’interesse (alcool etilico, anidride carbonica, acido acetico, glicerina, ecc.).

Sono sia Termophili (5-45°C) che mesofili (25-30°C).

Attualmente si distinguono i seguenti generi: Aerococcus, Alloiococcus, Atopobium, Carnobacterium, Enterococcus, Lactobacillus, Lactococcus, Leuconostoc, Oenococcus, Pediococcus, Streptococcus, Tetragenococcus, Vagococcus, Weissella.

Esplicano diverse funzioni:

  • Attività acidificante: che esplicano durante la fermentazione;
  • Metabolismo del citrato: produzione di aromi a partire dal citrato;
  • Attività proteolitica: fondamentale per la maturazione dei prodotti;
  • Attività lipolitica: i batteri lattici non hanno spiccata attività lipolitica, ma possono avere attività esterasica (scindere gli esteri e quindi possono alterare gli acidi grassi).

La coagulazione effettuata dai batteri lattici, sia endogeni che provenienti da starter (colture selezionate in laboratorio, a composizione nota o ignota, vendute in forma liquida, liofilizzata, al fine di promuovere, avviare e completare il processo di caseificazione), è detta acida, poiché è dovuta alla acidificazione del mezzo ed abbassamento del pH (da 6,5 a 4,5).

Come già detto, i batteri lattici, fermentando il lattosio producono acido lattico e quindi abbassando il pH a 4,6 e destabilizzando così il caglio. In processo avviene in anaerobiosi, e consente di convertire il piruvato (prodotto finale della glicolisi) in lattato con la produzione di 2 molecole di ATP. Di questa fermentazione ne esistono due tipologie: omolattica (sintesi di solo lattosio, importante per la caseificazione) ed eterolattica (sintesi di CO2 , etanolo, glicerolo, ecc. importanti per la maturazione del formaggio). Generalmente, si opera per azione di batteri endogeni o per innesti di siero o di latte, cioè aliquote di latte o siero provenienti da precedenti lavorazioni, riscaldate a 70°C per 24 h e poi abbattute a 35-40°C in fase di incubazione.

Il caglio

Il secondo protagonista è il caglio. Già in epoca romana era in uso l’impiego di coagulanti vegetali a base di lattice di Fico (Ficus carica) e Cardo rosso (Cynara cardunculus), Gallio (Gallium verum) come testimoniato da Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. Queste tecnologie, paradossalmente, sono ancora impiegate oggi, utilizzando il lattice fresco emesso dall’albero di fico verde, quando se ne stacca un ramoscello o se ne incide la scorza, come per la produzione del Cacioricotta, tipico formaggio da grattugia del Mezzogiorno d’Italia. Col Medioevo si è passati al caglio animale come testimoniato da Pantaleone da Confidenza nel 1477 nella sua Summa Lacticinorum.

Ma è nel XIX secolo che si effettuano i primi esperimenti (Cattaneo e Descamps) per la produzione di caglio animale, il dosaggio e il suo impiego. Nel 1872 si ha la prima produzione industriale, mentre nel 1975 si la produzione dei primi cagli al 90% in chimosina. L’uso di fiori di Cynara cardunculus, come coagulante nella produzione di formaggi ovini e caprini di alta qualità, come nel caso di diverse varietà di formaggi portoghesi e spagnoli a Denominazione di Origine Protetta, è stato mantenuto fin dall’antichità.

Il caglio è un pool enzimatico di origine animale (abomaso di vitello o capretto) o vegetale (enzimi proteolitici presenti nei tessuti di fico o cardo), fungina o microbica. Ma di cosa parliamo? Sono un insieme di enzimi proteolitici come la chimosina, pepsina e la tripsina, capaci di attaccare e destabilizzare così le micelle caseiniche al legame peptidico fra l’amminoacido 105 fenilalanina e 106 Metionina, delle K-caseine. La chimosina si presenta come un enzima appartenente alla classe delle idrolasi, perciò catalizza la scissione del legame mediante aggiunta di acqua. Essa ha un pH ottimale di 5,4 ed una temperatura ottimale di azione di 40°C.

Da notarsi che nei cagli vegetali, non abbiamo solo la chimosina, ma anche altri enzimi con azioni simili alla chimosina. Molte di queste proteasi idrolizzano selettivamente il legame κ-caseina Phe 105 -Met 106, mentre altre idrolizzano siti diversi, come la proteasi estratta da Solanum dubium (una pianta appartenente alla medesima famiglia dei pomodori e delle patate impiegata in Sudan per produrre il Gibna Bayda, un formaggio locale a pasta molle a base di latte ovino o caprino), idrolizza il legame Ser 104 -Phe 105 della κ-caseina bovina mentre l’actinidina (proteasi da Actinidia chinensis , meglio conosciuto come Kiwi), che probabilmente idrolizza il legame Arg 97 -His 98 o Lys 111 -Lys 112.

Naturalmente la scelta del caglio da impiegare riflette sa la tipologia di caglio che di formaggio da produrre e le relative caratteristiche organolettiche ricercate in quest’ultimo. Per esempio, formaggi duri necessitano di cagli con enzimi poco proteolitici, prettamente di origine animale e con un contenuto di chimosina elevato; mentre per i formaggi freschi, si impiegano cagli vegetali e con un contenuto in pepsina maggiore.

Ma veniamo all’azione esplicata: essi effettuano la cosiddetta coagulazione presamica, dovuta ad un pool enzimatico presente nel caglio animale o vegetale (cardo e fico) ricco di pepsina e chimosina, due enzimi specifici, capaci di far coagulare le micelle caseiniche, destabilizzandole e portandole allo spurgo di siero e liberazione degli ioni calcio e magnesio presenti (che legano le micelle fra loro), facendole precipitare sul fondo, dove si aggregheranno formando la cagliata.

Le dosi impiegate cambiano a seconda della forma utilizzata (liquida o in polvere).

Il caglio in polvere: 2,5-4,5 g per 100 litri di latte;

Il caglio liquido: 30 ml per 600 ml di latte.

Le fasi successive della caseificazione, che qui elencheremo e basta sono:

  • Taglio ed eventuale cottura della cagliata (frantumazione in dimensioni di chicchi di riso o noce, con appositi attrezzi (bastoni uncinati detti spini) al fine di favorire la contrazione del coagulo e lo spurgo del siero).
  • Estrazione e salatura della cagliata che viene estratta e messa in forme o stampi , dette fascere, quindi pressati e salati, per favorire lo spurgo e dare sapore
  • Maturazione, detta anche stagionatura: è il periodo che intercorre tra l’uscita dalla salamoia e il momento in cui il formaggio è pronto per il consumo, avendo acquisito i caratteri sensoriali propri mediante i processi di maturazione. La maturazione è un insieme di complesse reazioni chimico-fisiche ed enzimatiche che trasformano i componenti della cagliata in sostanze caratterizzanti il gusto, l’aroma, il colore, l’aspetto, la struttura della pasta.

FONTI:

Bibliografia:

https://www.ansa.it/canale_terraegusto/notizie/fiere_eventi/2018/08/07/scoperto-in-egitto-il-formaggio-piu-antico-del-mondo-_222c66d4-8494-43b8-ad8a-c139f73d5e3a.html

mediterraneaonline.eu/la-grande-vocazione-dei-formaggi-mediterranei-per-il-nihonshu/

Microbiologia dei prodotti alimentari. Microrganismi, controllo delle fermentazioni, indicatori di qualità, igiene degli alimenti fermentati e non Giovanni Antonio Farris – Marco Gobbetti – Erasmo Neviani – Massimo Vincenzini, Casa Editrice Ambrosiana;

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Enzimi di coagulazione del latte vegetale per la produzione di formaggio;

Nicosia FD, Puglisi I, Pino A, Caggia C, Randazzo CL., 2022 Caglio a base di cardo per la produzione di formaggio, Carla Malaquias Almeida , Isaura Simões , 2018;

Ruminantia, Capre: un futuro da un lontano passato https://www.ruminantia.it/capre-un-futuro-da-un-lontano-passato/

Ruminantia, Formaggi caprini di successo https://www.ruminantia.it/formaggi-caprini-di-successo/

Il Gibna Bayda http://www.cagliovegetale.it/il-gibna-bayda/

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